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31 gennaio 2017

Se dico Marronera della Spezia


Se dico ‘Marronera della Spezia’
di Gabriella Molli


Il dolce ideato da Daniela mi porta nel mondo della farina di castagne, e ad analoghe preparazioni del nostro territorio che di farina dolce si è nutrito nei tempi in cui trovare elementi per nutrirsi era un’impresa titanica. I nostri castagni, quelli che ora stiamo facendo morire perché coinvolti in un discorso di approvvigionamento allargato, magari di prodotti non protetti e di cui non si sa niente se non il prezzo basso, ebbene è stato materno nei confronti dell’allevamento dei bambini.
E tanti ultraottantenni sono stati nutriti con la famosa ‘polentina dolce serale’. Beh, allora perché non andare ‘dentro’ la castagna per verificare quali sono le sue valenze di frutto del castagno in Val di Vara? Ebbene la raccolta impegnava tutta la famiglia, anche i bambini e gli anziani. Se volevi trovare un modo per frenare la fame, dovevi raccogliere le castagne. Si racconta che, quando era tempo di raccolta i ragazzi non frequentavano la scuola. Raccolta dura, fra l’altro, completamente chinati. E che dire del lungo lavoro per essiccarle (gli essiccatoi rimasti testimoniano che erano vere architetture ideate dai contadini; la descrizione del lungo lavoro è riportata nel libro ‘La cucina di Lunigiana’ di Salvatore Marchese). Bisogna sentir raccontare dai vecchi la pazienza del processo di essiccazione, la fatica e i gesti misurati per ottenere quel giusto appassimento della buccia. E con le castagne si raccoglievano anche le foglie, che venivano fatte seccare e servivano per gli usi da forno. Venivano infatti messe sotto il pane per la cottura o anche in preparazioni in teglia o nei testi. Oggi la farina della Val di Vara è elemento di eccellenza, ma fino a ieri era un ammazza-fame, che merita di essere riconosciuto come storico cibo proprio per la sua valenza nutritiva, quasi unica fino al 1945. Tutti i giorni presenza fissa in tavola, dove compariva in tanti modi. Alternata all'altro ammazza-fame post-colombiano, la polenta gialla di granturco. Le castagne (è noto) sono oggi riconosciute come un alimento davvero completo, unico e ben bilanciato, riserva di carboidrati. L’analogia con i cereali è notevole anche per i sali minerali. Vediamo in Val di Vara quali composizioni sono nate. I cacin, prima di tutto. Si impasta la farina di castagne con acqua e sale e si fa un composto non troppo tirato, morbido al punto giusto. Si scaldano i testi e si rovescia l’impasto con il mestolo, quel tanto che basta per fare una specie di crèpe, che viene piegata e servita accanto a una ricottina fresca. Qualcuno oggi piega i cacin dopo aver messo al centro una fettina di lardo. E’ il tema del grasso (il di-più) che affiora in questa modalità. Si dice infatti che i cacin (come accade per le frittelle di castagnaccio) abbiano anche bisogno di formaggio ben grasso per essere degustati al meglio. Sui gusti non si discute. Altra squisitezza con la farina di castagne sono i cian, molto simili alle crèpe sottili. Infatti si avvolgono e si servono con miele di castagno. Tono su tono. Veramente eccezionali. Ma in Val di Vara c’è anche un pane (il pane martino) che è il simbolo di tutta una cultura, segnatamente di accento cristiano, ispirata a una figura di santo provenzale, noto in tutto il territorio, ricordato nei libri di lettura scolastici dell’anteguerra per aver regalato metà del suo manto a un poverello. Farina di castagne, dunque, per questo pane, farina dolce che gli dà un sapore particolare. Vediamolo da vicino. La ricetta è di Daniela.

foglie di castagno essiccate

PANE MARTINO (con farina di castagne e noci)

Ingredienti per 6 - 8 persone
350 g di farina bianca
150 g di farina di castagne
50 g di noci sgusciate
25 g di lievito di birra
1 pizzico di zucchero
un cucchiaino di sale fino
1 bicchiere di acqua tiepida
1 cucchiaio di olio extravergine di oliva (per ungere la teglia)

Procedimento per la preparazione
Setacciare le due farine insieme e fare una fontana sulla spianatoia; mettere al centro il lievito sciolto precedentemente in una tazza con acqua tiepida e il pizzico di zucchero; impastare aggiungendo l’acqua un po’ alla volta e 1 cucchiaino di sale.
Lavorare l’impasto finché non sarà soffice e omogeneo. Far lievitare per un’ora circa in luogo caldo e lontano da correnti. Ungere con l’olio la teglia da forno, lavorare ancora l'impasto, unire i gherigli di noce interi; con le mani formare una pagnotta rotonda e metterla nella teglia, spennellando di olio anche la superficie. Lasciar ancora lievitare per almeno un'ora. 
Infornare a 180° per 45 - 60 minuti, fin quando non si forma una bella crosta dorata. Lasciar raffreddare e servire affettato in un cestino.

Note di Daniela
Questo è un pane delizioso, ideale per accompagnare i piatti autunnali, ma anche salumi e formaggi;
per i nostri nonni era molto più di un ‘accompagnamento’, infatti è molto nutriente, per la presenza della farina di castagne (che gli conferisce un tipico sapore leggermente dolciastro) e le noci, ma privo di grassi e sostanze di origine animale, quindi molto digeribile.
Se proprio non trovate la farina di castagne, potete realizzare la ricetta anche con la sola farina bianca tipo 0, ma in questo caso sarà Pane alle Noci.

E ora due parole sulla ‘Marronera della Spezia’ di Daniela. Lo spopolamento, l’abbandono delle attività rurali e quindi delle cure di cui questo castagno ha bisogno, hanno segnato (è vero) una produzione un tempo intensiva, oggi diventata minima. Ma è il terreno, si dice, a non mollare. Con le sue risorse idriche. I suoi sali. E l’aria, l’aria pulita della Val di Vara. E allora perché non farne oggetto di ri-popolamento? Perché non dare il suo nome a un dolce che possa ricordare nel nome la città della Spezia, il cui golfo vedeva il castagno a pochi metri dall'acqua? Questa la finalità del progetto-creazione di Daniela. 




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