Le mie riflessioni sulle torte di riso salate spezzine
di Gabriella Molli
La ricetta delicatissima della torta di riso salata ligure di Daniela mi porta a pensare che con l’aggettivo ‘ligure’abbia voluto omaggiare tutto l’ampio arco della regione, dove compare quasi con gli stessi elementi ed è apprezzatissima anche come antipasto. Ma mi ha fatto ricordare una torta di riso di tono molto diverso, come dire, che va oltre l’aspetto di semplicità del suo impianto gastronomico, quella per la festa della Madonna di Soviore a Monterosso.
Torta di riso della festa della Madonna di Soviore
Ingredienti
300 g di riso
8 cucchiai di salsa di pomodoro (preferibilmente bio), oppure preparata in casa con 300 g di pomodori maturi
4 uova
olio di frantoio
2 cucchiai di funghi secchi
80 g di parmigiano grattugiato sul momento
2 sfoglie per torte salate (meglio prepararle quasi a velo)
Sale pepe qb
Preparazione
Mettere a mollo i funghi in acqua tiepida. Preparare la salsa nel metodo tradizionale. Preparare due sfoglie sottili. Una, più grande della teglia, deve fare da base e quando si raccoglie sulla seconda sfoglia, serve per decorare la torta. Cuocere il riso in abbondante acqua salata e farlo raffreddare. Tritolare i funghi. Con tutti gli elementi preparare il ripieno di riso, salarlo e peparlo. Mettere in forno per 30 minuti e controllare che la superficie resti appena dorata.
Non posso fare a meno di riflettere sulla gentile abitudine delle donne che si occupano di rendere ‘graziosa’ la loro torta. Le dita che ripiegano con grazia l’eccesso di pasta giocando con le sovrapposizioni e le volute, mi sembra quasi un gesto d’amore. A volte osservo le torte esposte in bella vista nelle rosticcerie: non le mangerei mai perché sono sciatte, irriverenti rispetto a tutto il lavoro che comportano. Fatte in fretta, senza amore. Ahimè. Io so che un tempo le torte si portavano a cuocere dal fornaio, appena era stato tolto il pane. Mia nonna addirittura riusciva a fare delle treccioline sulla sua torta d’erbi. Quando andavo con lei a ritirare la teglia, mi sentivo felice perché era sempre la più bella. E sulle treccioline devo dire che mi sono anche cimentata, ma non sono mai riuscita a raggiungere tanta arte. Ma c’è anche una seconda modalità di decoro che mi piace tanto e ritengo sia collegata con antichi riti di devozione alla madre terra. L’ho vista applicata in una torta spezzina che mia madre imparò a fare a via Privata Cieli, quando arrivammo da Aulla, per seguire mio padre, che lavorava alla Centrale.
Torta di riso salata alla spezzina
(dal mio archivio)
Ingredienti per 4 persone
3 hg di riso, 4 uova fresche, formaggio parmigiano grattugiato, un po’ di pecorino sardo (a piacere), noce moscata, pepe nero, 250 g di farina, u
Preparazione
Cuocere il riso in abbondante acqua salata e toglierlo ancora al dente A parte, frullare le uova e conservarne un paio di cucchiai. Con la farina preparare la sfoglia e per renderla più friabile unire un cucchiaio di olio. Fare un impasto mettendo assieme al riso al dente, le uova sbattute, il parmigiano e il sardo. Mescolare bene, poi aggiungere un pizzico di pepe nero e noce moscata grattugiata, un po’di burro, mezzo bicchiere di latte, sale. Stendere la sfoglia in una teglia ben unta, versarvi l’impasto di riso. Formare uno smerlo di sfoglia di un cm, tutto girato con le dita e passarlo con l’uovo sbattuto. Con la sfoglia rimasta fare tante striscioline tagliate con la rotellina da pasta, stenderle sulla superficie in modo da intrecciarle a losanga. Infornare a fuoco moderato per 30-40 minuti. Prima di tagliare la torta attendere che si raffreddi.
Voglio dilungarmi sulla funzione della losanga.
E’ la forma rimasta fino a oggi in molti biscotti e nella pasta, è l’attestazione di una geometria della devozione di stampo femminile. Il doppio triangolo. Storia di donne, di invocazioni mute. Gli uomini guardano alle mirabilia. La donna invoca. Quindi guardando nelle cucine del mare nostrum, il tondo, la mezzaluna, la forma a otto, il buccellato con il buco, la pasta piegata in tondo dei ravioli, il pane spaccato dalla linea dritta, la doppia sfoglia sotto e sopra per formare un ventre che cresce, il pane a treccia, le decorazioni delle torte e delle crostate, ebbene tutte sono collegati dal sottile filo rosso dell’offerta-richiesta alla dea madre dei primordi della nostra cultura gastronomica. Non una semplice decorazione, ma un forte segnale religioso. Avete mai notato quanto ricorre anche in chiesa, oppure nei sagrati fatti a mosaico con i sassi.
CONCLUSIONE
Dolce o salata: è il segno del potere?
(traggo questo pezzo da un mio libro uscito nell'estate 2016 con Edizioni Cinque Terre, intitolato: Torta di Riso. Ricette dolci o salate).
Parto con una breve considerazione. Se vai a Pitelli la torta di riso per San Bartolomeo è dolce, a Fossamastra che sta proprio sotto sulla costa est del golfo, no. Se vai a Viareggio, la torta di riso è dolce. A Camaiore, borgo della via Francigena ubicato alle sue spalle, no. E’ salata.
Nel mio percorso di ricerca ho maturato la convinzione che nel golfo spezzino la torta di riso “diventa dolce o salata” a seconda delle economie legate ai domìni e al potere. Il mio non è un discorso da esperto in storiografia o da studioso-archivista: è soltanto la considerazione di una osservatrice che da più di vent'anni esplora le mode culturali in cucina e cerca di capire come sono nate alcune ricette.
Vediamo dunque il perché di questa convinzione. A Genova la torta di riso è salata, a Pisa la troviamo dolce. Da Reggio Emilia fino alla Cisa è dolce, quando scende a Pontremoli si fa salata. Ad Aulla, per esempio, si mantengono ambedue gli usi (mia madre e mia zia sono le mie dirette testimonial). Stesso uso misto a Santo Stefano Magra, Sarzana, Ceparana, Follo e Bolano.
Il farsi salata come lo è a Genova potrebbe essere effetto della dominazione della Superba? Farla dolce come a Pisa, è anch'esso segno di dominazione?
Che cosa avviene in cucina quando c’è una dominazione? Lo scambio di idee nella frequentazione sono d’obbligo in casi come questi. Accade che vi siano immissioni, variazioni: nuove ricette nascono, altre si fondono. E questo accade in tutte le culture.
In un convegno sulla storia del territorio spezzino ho appreso che nel golfo sono transitate molte manovalanze genovesi che venivano a tagliare i pini della zona sottostante Pitelli, in tempi in cui venivano usati per la costruzione delle grosse barche in legno con cui la Superba solcava il mare. Genova è stata padrona di Portovenere. Da Levante a Ponente nel golfo della Spezia la torta di riso è salata come a Genova. Butta caso a Lerici dove per qualche tempo Pisa ha avuto manforte, la torta di riso è invece dolce. Il dominio di Pisa ha lasciato tracce in questa consuetudine gastronomica lericina? Oppure sono stati gli ebrei del Ghetto?
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