Tellaro, sgabei e tradizione, in un incontro pro-campane
di Gabriella Molli
Le campane da restaurare sono
state l’input di un incontro sotto un cielo blu con le prime stelle, nella
piazzetta dell’Oratorio di Selaa a Tellaro. Incontro a cui ha partecipato
Daniela Vettori, sempre attenta agli incontri in cui si parla di storia e di
storie di casa nostra (il suo blog – questo blog - ha una caratteristica
specifica di indagine e di approfondimento dentro le varie culture
gastronomiche liguri e locali). In sintesi l’invito del gruppo di lavoro per la
promozione di una ricerca di fondi, che a Tellaro si è attivato sotto la guida
di Cesare Battistelli, con nomi come quello di Silvio Vallero e Lauro Cabano,
era puntato sul refrain della tradizione. Insomma su cibo-vino-olio, che sono i
tre punti forti della storia del territorio lunigianese e della sua
convivialità. Il libro "Ricette di Lunigiana" |
Non poteva mancare perciò un libro uscito presso Cantine Lunae di
Paolo Bosoni (“Ricette di Lunigiana”) e nemmeno un volto di famiglia a parlarne
unitamente agli autori (Gabriella Molli, Armando Baldassari, Enrico Calzolari).
In questo caso quello di Debora Bosoni, la pupilla che si accinge dopo la madre
Iana ad essere la seconda signora del vino di casa. Debora Bosoni ha trasmesso
con parole semplici, un messaggio diretto molto ben congegnato sul valore della
ricerca enologica di suo padre Paolo. Una storia generazionale quella di questa
azienda prima in Liguria, per portare nel bicchiere prima di tutto la cultura
del Vermentino. Ma la storia del libro è anche filtrata dalle parole di Enrico
Calzolari, studioso d’ambiente (semiologo è il termine esatto) che ha dato una
connotazione di particolare valore didattico alle ricette raccolte nel 1996 da
Armando Baldassari in un laboratorio di nuova concezione europea
all’Alberghiero Casini (Baldassari era docente di sala bar). Ricette che senza
l’aiuto di Paolo Bosoni sarebbero rimaste in un cassetto e che sono invece
state oggetto di una elaborazione culturale a tre per catturarne gli aspetti di
tradizione. Raccolte in un libro-progetto molto elegante.
Una parte importante
dell’incontro l’hanno svolta le donne tellaresi sempre presenti alle iniziative
cultural-conviviali, alcune sono proprio storiche, anche per quella gioia che
sanno trasmettere. Incantevole il luogo dell’incontro, semplice il menu della
serata, iniziata prima del tramonto e terminata a notte fonda: omaggio alla
cultura contadina del borgo con il formaggio del pastore (Tellaro è citata nei
testi antichi per la sua formaggetta ai
profumi delle erbe aromatiche di campo,
primo fra tutti il timo) accompagnato da un buon pane. E acciughe sottosale con
olio di frantoio. E’ questo il secondo elemento che contraddistingue la storia
di Tellaro. Olio oggi diventato dop grazie alla ripresa della produzione da
parte di un’azienda (Agritur) che ha risanato gli oliveti. I salumi dolci della
buona tradizione lunigiananese dell’azienda Giordani che ha sede a Romito Magra
e che ha ripreso la via della cultura del maiale come la intendevano in
Lunigiana (sale sì, ma con quella misura che non nasconde la dolcezza della
carne) hanno conquistato i palati appassionati del settore. Il produttore era
presente. E’ da citare che ha esaltato i suoi salumi la magia dell’impasto
degli sgabei di Toni: il fornaio di Tellaro che parlava con i bambini della
scuola per far loro capire la storia del grano, oggi in pensione.
Gabriella Molli, Daniela Vettori, Debora Bosoni, Enrico Calzolari |
Notazione storica
Il nostro storico cibo di
strada, è realmente pasta da pane fritta e parrebbe a un primo esame essere
sulla scia del trittico del gusto (Liguria-Emilia-Toscana). Ma se pensiamo a
un’origine ligure-apuana di questo cibo povero così ricco di apporto calorico
(l’olio d’oliva è sempre stato uno dei
“siti gastronomici” che la natura fin dai primordi ci ha fornito) ebbene ci
pare conseguente il pensiero, che dopo l’impasto lievitato del pane, la donna
abbia pensato a questo “ammazzafame” che anche da solo procurava piacere alla
bocca e apporto benefico per l’organismo.
La parola sgabeo, sostiene
Giorgio Masetti a pag 40 del libro “Antologia etimologica del dialetto sarzanese” (Agorà Edizioni, 200), è di recente formulazione: prima si diceva
“scabeo” da skabellum latino.
La piazzetta dell’Oratorio di Selaa a Tellaro |
All writing and images on this site ©2014 Le Cinque Erbe