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26 giugno 2014

Acciughe indorate e fritte, mi pare Mediterraneo profondo



Acciughe indorate e fritte, 
mi pare Mediterraneo profondo
 di Gabriella Molli
Direi cibo di strada, le acciughe indorate e fritte. Da mangiare con il sorriso guardando il mare. La semplicità e la storia sono nel piatto. Non ci sono le acciughe fritte fra le 99 ricette impedibili da salvare nel Mediterraneo che si trovano nel libro di Enrico Gurioli e Alessandro Molinari Pradelli “Il mare in cucina” (Gribaudo, 2010). Ci sono acciughe “condite”, “crude”, “marinate”, alici “sperone” che sono quelle che vivono in profondità assieme agli scampi. Ma no, le acciughe indorate e fritte non sono citate dai due autori. Eppure il fritto è molto mediterraneo. Trascrivo quanto afferma Giovanni Ballerini nel libro “La cucina dei numeri primi” (Orme/Tarka, 2014). Il fritto italiano è un’eredità greca. Il mondo greco, nella sua grande estensione e nel corso dei secoli, mostra attenzione e gradimento per un tipo di cottura dei cibi che possiamo identificare con il fritto e la frittura. Alessandro d’Afrodisia, commentatore d’Aristotele del II-III secolo dell’età corrente, precisa che i cibi fritti sono cotti dal calore esterno secco del fuoco che riduce il liquido posto nella padella (olio) a vantaggio del cibo che lo assorbe. Per questo il fritto si oppone al bollito”. 
Acciughe, dicevamo, indorate e fritte. Come dire pesce azzurro ritenuto “povero” dai più, rivalutato dall’olio. Che mi pare opportuno rapportare a un uso prettamente di casa del pescatore, le cui donne sapevano bene che il buono doveva essere in tavola ogni giorno. E le acciughe indorate e fritte sono decisamente rivalutate con questo tipo di cottura. Ebbene, con le acciughe si friggono anche i “pescetti” intrappolati nelle reti, in un mix di gusti che appaga le papille. Pesci liscosi, è vero, ma con una carne dal sapore pieno. E che grazia anche le lische e le teste. Lo dico con riserva perché so che fanno arricciare il naso a tanti. Ci sono voluti anni prima che io scoprissi il valore gastronomico delle teste dei pesci. In Provenza mi sono fatta servire una “mostruosa” testa di pesce nobile che ho piano piano degustato con molto piacere. Alla fine, inaspettatamente, i vicini di tavola (provenzali doc) sono scoppiati in un applauso Qualche volta nasce l’esigenza di mantenere la frittura di pesce azzurro per più giorni. Così, come ai tempi dei Romani era arrivato dall’Oriente il “garum”, salsa oggi improponibile per i toni forti dati dalla combinazione di aceto caldo, erbe aromatiche e interiora di pesci, arrivò anche lo scapece, termine usato ancora nel Sud Italia, di chiara origine araba.
Quello che sulla costa ligure viene definito “scabeccio” (c’è chi lo scrive con una c sola) è una eccellenza. Voglio raccontare una ricetta che ho raccolto negli anni Sessanta a Lerici. Ricetta che adoro e che è diventata un mio cavallo di battaglia.



scabeccio de anciue
(ma anche scabeccio di lacerti, o sgombri)

 Ingredienti per 4 persone
 un kg di acciughe appena pescate (non devono avere del rosso sulla testa),
andate al mercato prestissimo
una carota (qualcuno ne mette due, addolciscono)
una costa di sedano
due cipolle bianche (oppure rosse di Tropea)
due foglie di alloro
olio di frantoio
500 g di buon aceto bianco (ma c’è chi ne mette tre quarti)
uno spicchio di aglio
rosmarino
un cucchiaio di zucchero
peperoncino, se piace

Come si fa
 -tagliare le verdure a striscioline
-metterle ad appassire in una padellona in olio con tutte le verdure e gli odori
-farle “appassire” lentamente con lo zucchero fino a quando le fettine di cipolla sono trasparenti
-introdurre l’aceto con un bicchiere ben pieno di acqua
-state preparando un decotto che va portato a ebollizione per tre-cinque minuti
-lasciar riposare
-friggere in padella con olio le acciughe ben pulite e asciugate
-metterle su carta paglia (scottex) a perdere olio in eccedenza
-comporle delicatamente sovrapponendole dentro una terrina dai bordi alti
-incorporare il buon decotto dai mille profumi emanati da tutte le erbe e gli odori
-lasciar riposare un giorno (c’è chi lo fa per 36 ore) in luogo fresco
-servire freddo


La cosa più bella è servirle come antipasto, ma in qualsiasi momento della giornata sono un rompidigiuno godurioso. Amato, dicevamo, da coloro che mangiano slow e amano i gusti forti. Meglio se si usa aceto di ottima qualità. L’aceto è una perla quando si cucina. Quindi lo scabeccio è un piatto che costa.