03 marzo 2014

Riflessioni su farina di castagne e dintorni



Riflessioni su farina di castagne e dintorni
di Gabriella Molli
Eva e Daniela accostano la ricotta alle frittelle di farina di castagne. Ottimo accostamento, ma ricordo di aver assaggiato una combinazione con miele di castagno durante una escursione in Val di Vara negli anni Settanta, che mi ha tanto sorpresa per uguale leggerezza e armonia. Ero in un castagneto di amici. Le frittelline sono nate sotto i miei occhi con quel rituale misto di profumi fra il sapido e il dolce che sfiora le narici durante la manipolazione della farina di castagne.
Come se un po’ di tannino si diffondesse nell'aria. In una capannuccia di sasso e legno in cui i miei amici avevano foggiato una specie di focolare, appendendo le attrezzature per cucinare ai chiodi fra sasso e sasso, lo sfrigolare dell’olio di oliva al contatto della pastella liquida era incantevole. Mi servirono il miele di castagno dentro una ciotolina marrone: così, piegando la frittellina, riuscivo a catturarne un po’. Una autentica indimenticabile delizia. Ripetuta in altra esperienza, questa volta in una piccola osteria che oggi non c’è più. Al termine di una merenda con i salumi della Val di Vara l’anziana proprietaria portò dei “bomboloncini” di farina di castagne ricoperti di miele di castagno. Che esperienza incredibile delle mie papille. Ricordo che erano rimaste fettine di lardo appena venato di carne rosata. Istintivamente avvolsi un bomboloncino poco più grande di una ciliegia con una fettina. Fu così che appresi accostamenti nuovi della farina di castagne con il miele di castagno. Derivazione di un prodotto del bosco, come accade nell'accostamento appena appena grasso con la ricotta, questa farina si esalta anche di una felice comunione con i salumi, mediata appunto dal miele di castagno. Altra fetta di sensorialità particolarmente apprezzata dalle mie papille, è stata suggerita dall'accostamento di una crèpe fatta sempre con farina di castagne che avvolgeva un cucchiaio di ricotta condita con miele di castagno. Era un fine cena e leggendolo in menu, ho pensato a un eccesso di zuccheri. Mi sono invece stupita ancora una volta della felice simbiosi dei tre elementi.
                      
Farina di castagne della mia infanzia
Sono stata una bambina allevata con la polentina serale di farina dolce, servita nel piatto fondo, con una cucchiaiata di olio. Nessuna monotonia nella mia vita di bambina per la ripetitività di quel rito serale che condividevo con due nonni materni. Ancora oggi mi concedo una nostalgica rievocazione, appena posso.

Storia e modelli culturali
Le castagne hanno regalato tanto alle popolazioni di origine ligure-apuana. I boschi erano tenuti come salotti. Venivano fatti regolari innesti per tenere alta la produzione. E le tipologie dei castagni erano parecchie. L’iter di essiccazione dei frutti era lungo e programmato dentro gli appositi gradili. La farina serviva anche come taglio della farina bianca di grano, che costava molto. Tutta una civiltà del castagno ha contraddistinto l’arco grande della Lunigiana storica, dove sono nate elaborazioni povere, oggi trasformate in eccellenze. Vedi il pane martino, che sono in pochi a fare. E’ pur vero che esisteva un ciclo stagionale della farina di castagne: andava infatti consumata in un arco preciso di tempo. E se pattone, castagnacci e frittelle ancora qualche volta si mangiano, poco compaiono le tagliatelle o le trofiette bastarde (l’aggettivo è un affettuoso modo per denunciare la commistione fra le due farine) la cui morte sono i sughi di porro e salsicce. Anche qui con qualche tentativo di insaporire con un cenno di miele di castagno.

Il castagno
Sul castagno che dà tutto di sé, si può dire anche che offre la possibilità alle api di fornirci un miele dalle tante virtù. Prima di tutto quella calmante. In Val di Vara le donne lo mettevano su una pezzuola pulita per fare un “succhiotto” lenitivo al momento della crescita dei dentini da latte dei loro bambini, quando le gengive si gonfiavano. Ha accompagnato generazioni di bambini sulle fette di pane per la merenda delle quattro. E generazioni di anziani che bevevano acqua calda al primo mattino per l’equilibrio fisiologico. Miele di castagno per il mal di gola. Miele di castagno per ridare energia dopo il parto. Insomma il miele di castagno era in Val di Vara assai diffuso. E sembra esserlo ancora.

Genealogia dei sapori
Chi è stato in Val di Vara e non ha mangiato i cacin con ricotta condita con miele di castagno, si è perso qualcosa. E che dire delle fettine di pane martino, gustate con formaggetta fresca e accompagnate dallo stesso miele. Un po’ amarognolo, ma di quella puntina che fa godere le papille, questo miele pare accompagnasse anche i ravioli magri fritti o cotti sulla stufa a legna. Pensiamo alla intelligente commistione di dolce-salato. Alle armonie dei gusti che si contrastano e si sposano nello stesso tempo. La produzione c’è ancora, ma i castagni non sono più curati come accadeva fino a cinquant'anni fa. E l’insetto-killer arrivato da fuori li sta mettendo a dura prova.

Tradizioni
Si racconta che in Val di Vara il miele di castagno accompagnasse la cacciagione. L’abbinamento può avere una sua ragion d’essere perché spesso un arrosto di miti uccellini tratti in inganno dal grano nascosto sotto una pietra piatta sospesa da un bastoncino, aveva quell'amarognolo caratteristico che li faceva amare. E il miele di castagno ha anch'esso un suo gradevole amarognolo. Ma si racconta anche di gnocchi dolci fritti, cosparsi di miele di castagno e qui viene fatto di pensare a collegamenti con i famosi riti devozionali alla madre terra. Le donne erano l’anello di una mediazione: invocavano fertilità, figli, benessere e ricchezza offrendo ciò che sapevano fare meglio, il cibo. Cibo che preparavano seguendo precisi schemi simbolici con forme segnatamente di carattere religioso come le losanghe. O le paste ripiene tonde come il grembo materno. Ma soprattutto per domandare grazie offrivano ciò che era più gradito alle loro papille: il dolce. Qui entra in campo il miele di castagno con cui cospargevano forme tonde di acqua-farina di castagne mista a farina bianca-sale cotte sui testi. Pinoli e uvetta (anch'essi usati per riti propiziatori di fecondità) non sono forse rimasti nel castagnaccio? 







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