Mangiando una fetta di
buccellato
di Gabriella Molli
Se dico buccellato mi viene
in mente un dolce con il buco. Una nuvola di farina-uova-zucchero-lievito con
profumo di anice presente sulla tavola la domenica di Pasqua. Questo il ricordo
del buccellato della mia prima infanzia vissuta ad Aulla. Confezionato con le
uova che le galline avevano fatto nella Settimana Santa, conservate
religiosamente in un cestino dai nastrini rossi. La nonna preparava l’impasto e
disponeva una tazza al centro della teglia, per formare il buco. Un dolce rito
pasquale che ho ritrovato da grande in uso anche a Sarzana, a Lucca (arricchito
di piccoli semi di finocchio), e che sembra seguire un preciso percorso legato
alla via Francigena. Ma non solo.
Diffuso nella prima parte della
Toscana e della Liguria spezzina, assume qualche variante per la presenza di
cedro candito, noci, uvetta, scorza di limone grattugiata. Ma è sempre
tipicamente un dolce con il buco.
La forma e la valenza
simbolica
Indubbio il significato del
buco, è chiaro riferimento al simbolo femminile. Esistono molti dolci di forma
affine nel nostro territorio (Brugnato ne è un esempio con il suo canestrello,
di cui anche Mario Solati ha tessuto le lodi) e, a mio avviso tutti attengono a
situazioni devozionali.
Trascrivo dal Dizionario dei simboli, dei miti e delle credenze
(Giunti, 2006):
Buco, derivato di “buca”, dal
latino tardo “bucam”, variante di buccam, “bocca”.
Simbolo di una vacuità che
può essere riempita, il buco non fa pensare al vuoto sterile, ma la contrario
evoca il ricettacolo del seme. Destinato a ricevere il seme della vita, il buco
è il luogo della creazione. Più in generale è la concreta rappresentazione
delle potenzialità, delle
risorse, delle ricchezze nascoste che attendono di essere svelate.
Dai miei viaggi
Dove ho ritrovato il
buccellato?
- In un viaggio in Calabria, a
Serra San Bruno. Inconfondibile la forma della ciambella. Fatto con uno
sfarinato di grano tenero e lievito naturale, ben gonfio. Soffice, mi ha
ricordato la mia infanzia.
- In un viaggio a Palermo poco
prima del Natale. Sempre a forma di ciambella, solo che era ripieno di fichi
secchi a minuscoli frammenti, ricco di mandorle, pinoli, uvetta, scorzette
candite, pezzettini di cioccolato. E quel buon profumo di Marsala, che non
dimenticherò mai. Sopra lucido di tuorlo d’uovo e tanti pistacchi tagliati a
metà.
- In un viaggio in Provenza a
Maillane, a gennaio per la Befana. Quando mi sono trovata davanti il “gateau
des rois” fatto a ciambella (sembrava un grossa brioche con il buco) ho detto
subito: è un buccellato. Quella che loro definiscono “couronne cylindrique” è
la nostra ciambella. Dentro c’erano tanti canditi a filetti, in particolare
ciliegine e meloni, scorzette d’arancio. Una delizia accentuata dal profumo di
acqua di fiori d’arancio. E sopra granella di zucchero.
Le mie riflessioni
Questo ripetersi di un rito
dolciario della stessa forma conferma le funzioni propiziatorie dei dolci (e
dei pani) riservati alla madre terra. Invocazioni di fecondità, di augurio, di
propiziazione, che hanno attraversato secoli di vita. Pensiamoci, mangiando una
fetta di buccellato.