LINGUINE AL LIMONE
E SEPPIOLINE NOVELLE
Per quattro persone
Ricetta di Le Cinque Erbe
Ingredienti:
500 gr di farina di semola di grano duro
1 limone non trattato
(io ne ho usato uno profumatissimo di Monterosso,
nelle Cinque Terre)
Qualche foglia di prezzemolo
Una bella macinata di pepe nero
Acqua tiepida q.b.
Sale fino e grosso marino
Ingredienti per il sugo:
600 gr di seppioline novelle
5 cucchiai di olio extravergine di oliva
½ bicchiere di vino bianco secco
2 spicchi di aglio puliti e interi
Qualche foglia di prezzemolo
Sale marino
Utensili di preparazione e presentazione:
Il setaccio
La spianatoia
La grattugia
Il matterello
Un coltello
La macchina per la pasta
La pellicola per alimenti
Una pentola grande
Un colapasta
Un tegame antiaderente
Un cucchiaio di legno
Quattro piatti
Procedimento per la preparazione
Per le linguine:
Su una spianatoia setacciare la farina mettendola a fontana;
aggiungere un pizzico di sale, la scorza del limone lavata e
grattugiata,
il prezzemolo tritato finemente e gradatamente l’acqua.
Impastare bene, fino ad ottenere un impasto non troppo duro,
elastico e compatto.
Avvolgerlo nella pellicola per alimenti e far riposare mezz'ora.
Con il matterello tirare un po’ la sfoglia, poi passarla
nella macchina per la pasta,
fino ad ottenere lo spessore di 3/4 mm circa e
tagliare le linguine.
Adagiarle sulla spianatoia leggermente infarinata.
Pulire le seppioline, eliminando le ossa ed i becchi posti
tra i tentacoli.
Sciacquarle e scolare bene l’acqua in eccesso.
Mettere la
pentola, per cuocere la pasta, sul fuoco con sale e abbondante acqua.
In un tegame scaldare l’olio extravergine di oliva e gli
spicchi di aglio.
Aggiungere le seppioline e mescolare. Insaporire per minuti;
bagnare con il vino bianco e far evaporare per altri 5 minuti.
Eliminare gli
spicchi di aglio, unire il prezzemolo tritato.
Cuocere le linguine per 5-6 min. circa.
Scolarle al dente e unirle al sugo di seppioline nel tegame,
far insaporire bene.
Impiattare e servire
Note
di Gabriella Molli
Linguine. Che è come dire,
secondo l’Atlante dei prodotti tipici dedicato a “La Pasta” (Rai-Eri, 2004):
prima di tutto bavette e poi nel formato più piccolo, bavettine; e lingue di
passero, linguettine, tagliatelline. Nel dizionario del Fanfani (1863) troviamo
il riferimento a una “specie di pasta da minestra in fila in fila lunga e
sottili. Verrebbe di associare linguine e bavettine a fettucce e fettuccine.
Nel cammino della pasta sono senza dubbio venute dopo i cappelli d’angelo, che
nel Rinascimento le suore preparavano per le puerpere. E qui il discorso si
riannoda se pensiamo che tutto è partito da una specie di budelletto tirato e
poi ancora tirato per creare quella specie di filo lungo, piegato e ri-piegato
su se stesso. Che essiccava in breve tempo appoggiato a pendere su semplici
supporti esposti alla corrente d’aria. Simbologicamente associato al cordone
ombelicale. Ecco perchè si donava alla puerpera “pasta da minestra in fila
lunga e sottili”. Sì, è vero, si diceva che farina e uovo aumentassero la
montata lattea. Ma dietro a tutto questo c ‘era anche l’augurio di una nuova
maternità dopo quella appena conclusa. I figli erano tutto ciò che una donna
potesse augurarsi. La fecondità come mito appartiene a tutte le culture.
Linguine. Pasta liscia su cui
scorrono in modo felice i condimenti. Linguine e bavette (che deriva dal
francese bave, bava) sono associabili alla stessa forma piatta e gentile di una
pasta fatta di lunghe striscioline lisce, molto in voga in Liguria. E qui
subentra anche il terzo termine: trenette. Che qualcuno fa derivare dalla
parola “triyah”, che ha origini arabe (itrija). Dice Renzo Pellati nel libro
“La storia di ciò che mangiamo” (pag 90):
Palermo può essere definita
la prima vera capitale della pasta perchè le prime testimonianze scritte sono
del 1154, quando in una specie di guida turistica, il geografo Al-Idrisi parla
di un cibo confezionato con farina in forma di fili.
E Marco Polo, che si dice
abbia introdotto lui la pasta in Italia?
Ecco cosa scrive Pellati a
questo proposito:
E’ documentato che nel XII
secolo, durante la dominazione normanna, la Sicilia produceva pasta essiccata e
la diffondeva nelle altre regioni meridionali. Marco Polo tornò dalla Cina nel
1295, viene sfatata la leggenda che sia stato lui a introdurre la pasta in
Italia. La pasta conosciuta da Marco Polo in Cina, confezionata con grano
tenero (trattata con acqua bollente diventa una specie di poltiglia) aveva poco
a vedere con quella italiana a base di grano duro.
Questa affermazione mi fa
pensare ai noodle cinesi che ancora oggi vengono serviti in brodo bollente e
che, sollevati con le bacchette (sono letteralmente sfatti) vengono
“succhiati”.
L’esecuzione dei noodle
coincide con la formazione manuale degli spaghetti. In Sardegna, nella zona di
Calagonone si fanno in questo modo i filandeiu. Con cui si celebra San
Francesco.
Ecco un giro storico attorno
alle linguine partendo dall’origine della pasta. Anche se non viaggio concluso,
il percorso ci porta a porre in evidenza che tutta l’area mediterranea aveva il
mito della produzione di grano. Gli storici sostengono oggi che anche le nostre
paste vengono da questo granaio naturale. Rimane oscuro l’etimo di linguina.
Senza dubbio la derivazione è da lingua, che in provenzale si dice “lengua”. E
per estensione lingua diventa striscia (di fuoco, di terra). Così linguine,
striscioline. Con riferimento a come sono fatte.
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