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28 novembre 2013

La poesia di un olio sotto il cielo di Sarzana



La poesia di un olio sotto il cielo di Sarzana
 di Gabriella Molli
Tutto ciò che passa sotto un filo d’olio di Lucio diventa poesia del palato. 
Ma chi è Lucio?

Antonio Luciani

Perché parlo del suo olio? Dove nasce?


L’ho conosciuto tanti anni fa, Lucio, quando faceva il vigile a Lerici. 
Poi l’ho perduto di vista. Recentemente conosco Daniela Vettori, ed ecco che Lucio ricompare 
sulla mia via. Comincio a esplorare: cosa fa, dove vive. 
Dapprima mi accorgo che sa un mucchio di cose sulla storia di Sarzana, ma non solo; 
poi scopro che vive in un vecchio mulino e piano piano
 ri-compongo il quadro attuale della sua vita.



Frequenta gli incontri sulle usanze gastronomiche antiche:
è attento, interviene con osservazioni acute. 
Ma io sono veramente stupita della sua competenza sui lavori della campagna, 
sulle sue osservazioni sulla vigna e sull'oliveto. Già, l’oliveto.
 E quando, poco prima di Natale mi regala una bottiglia del suo olio,
 mi si apre una fetta di cielo.


Non ho frequentato corsi per degustatori di olio, 
ma le mie papille abituate a una cucina verde e bianca, 
mi offrono sensazioni collegate con un “mi piace” o “non mi piace” che va oltre la percezione. 
Ebbene, nel caso di una fetta di pane e olio (l’olio di Lucio) 
ho ritrovato profumi e sentori che mi hanno stupita. 
Erba, fresche tonalità di erbe aromatiche, profumo di foglie d’oliva 
e quella fetta di cielo che ti fa dire “che buono”. 
Così è stato il mio primo incontro con l’olio di Lucio.



La zona in cui è ubicato l’oliveto di Lucio è in pieno sole 
e appena si sentono le sferzate del salmastro.
 Le cure di Lucio sono quelle di un padre per un figlio da allevare. 
Costruisce un giardino-oliveto, producendo quell'olio in cui c’è un po’ della sua anima.


Note
Sull’olivicoltura sulle colline sarzanesi
 Dal libro di Giorgio Masetti (Agorà Edizioni, 2000): 
Antologia etimologica del dialetto sarzanese (come si viveva)
 "Di notevole importanza la olivicoltura nel territorio sarzanese fin dai tempi remoti, specialmente nelle zone collinari. Per la raccolta delle olive rimangono immutate le azioni della sabatidura (bacchiatura) e del derapare (scorrere con la mano semichiusa lungo i rami fruttiferi facendo cadere le olive). Ma completamente mutato è il modo di raccogliere le olive cadute o fatte cadere dalla pianta, per portarle al tòrciu: da qualche anno le olive si prendono rapidamente e senza fatica dalle reti a maglie fitte che si tengono stese sotto la chioma degli olivi; e non si ha più la visione (oggi sarebbe patetica!) di più donne (o anche di uomini) stanti ncuciòn (coccoloni) o nzenuciòn (ginocchioni9 a raccogliere le olive a una a una per metterle nelle ceste. L’olio per il consumo familiare era conservato di norma ne còpi (coppi per l’olio) oppure in pile di marmo".

 Tutta la Vallata della Magra ha antiche tradizioni di cultura olearia, 
che viene ben evidenziata nei disegni e nelle planimetrie del Vinzoni. 
Ma è dal filo d’olio sui “mangiari” antichi che il racconto delle ricette si fa “storia”.
 Ecco alcuni mangiari che vengono da "lontano":
 
pane e olio

olive in salamoia

mes-ciua o mesciua

scherpada

focaccia


testaroli al pesto



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