Muscoli del Golfo della Spezia:
storia di un mollusco diverso
di Gabriella Molli
Mussels-moules-mejillones-miesmuschein…
così vengono chiamati in inglese-francese-spagnolo-tedesco i molluschi lamellibranchi,
ovvero gli italianissimi mitili, che nell’arco della Liguria di Levante
sono denominati muscoli e cozze nell’Italia che scende al Sud.
Ogni luogo un nome diverso, ma quando ne apri uno,
ti appare un piccolo mondo carnoso, seducente.
E quando ne mangi il contenuto aspirandolo,
il sentore del mare ti avvolge la bocca in modo piacevole.
la blogger Paola Faravelli intervista un miticoltore spezzino |
Sai che stai mangiando un “mytilus edulis” che si è formato aggrappandosi con una linguetta
a qualcosa di duro, aprendosi appena appena quel tanto che basta per far entrare acqua salata. Miracolosamente dentro quel piccolo frutto di mare si attiva un laboratorio
che gli permette di prendere ciò che gli serve per nutrirsi e buttare fuori ciò che non serve.
La sapidità è il carattere primario e ogni mare dà a questi piccoli frutti la summa delle sue caratteristiche. E’un’impronta che se osservata bene si scopre tarata per ogni situazione di mare.
A Parigi si mangiano grandissimi frutti dell’Atlantico.
In Italia, a Lerici, i “muscoli del Golfo della Spezia” che sono più piccoli,
ma decisamente più gustosi di tutti gli altri.
i ragazzi della Cooperativa Miticoltori Spezzini a Slow Fish 2013 |
Resta il fatto che sul Mar Ligure, in Grecia o in Turchia l’architettura è identica.
Il mollusco è raccolto dentro una conchiglia dall'aspetto particolare cuneiforme.
La texture esterna è sul nero-azzurro e quando è liscia mostra evidenti le linee dello sviluppo del mitile.
La forma elegante spesso viene usata (come accade nel caso dell’ostrica)
come piccolo contenitore da riservare a creme sapide marinare o a salse di ricci crudi.
Come tutte le “cose chiuse” c’è un po’ di mistero in questa forma cuneiforme.
La parola cozza non rende affatto la sua eleganza.
E dentro? L’interno è madreperlaceo e quando appare il corpo vero e proprio
si nota subito il mantello con l’orlo nero delicatamente sfrangiato.
Quattro le branchie lamellari ed ecco il famoso “piede”, quella linguetta che fuoriesce
e alla cui base si forma il bisso, formato da un ciuffetto di filamenti
che vanno staccati prima della cottura.
Si dice che sia stato questo piedino retrattile a dare il nome “muscolo”.
Sono i filamenti prodotti da una ghiandola a permettere al mitile a muoversi,
a catturare un piacevole elemento con cui nutrirsi (come un gamberetto che passa).
L’ermafroditismo è la caratteristica che permette nel momento della maturità sessuale
(di solito da novembre a febbraio) di svuotarsi e produrre la sostanza lattiginosa
che esce fuori della conchiglia e rende l’acqua biancastra.
E’ il lattime, formato dalle leggerissime uova che galleggiano.
Tutto questo lo si legge nel testo: “Ricette di Osterie d’Italia. Il pesce”, edito da Slow Food.
E ancora. Dalle uova esce una larva che viene sospinta dalle correnti
e va cercarsi un sito in cui svilupparsi, diventando semenza.
La semenza si attacca e cresce su un punto sommerso:
può essere una boa, uno scoglio, un palo, un grosso sasso,
la parte sommersa di una barca, la catena di un peschereccio.
Inizia quindi tutto un ciclo vitale che trova il suo culmine dopo circa un anno.
Sapevate che all’interno del mitile diventato adulto si forma spesso una piccola perla iridescente?
Non ha valore commerciale, ma è rotonda come le notissime perle delle collane:
una formazione che nasce laddove le valve si congiungono.
E’ una storia antica come l’uomo quella dei mitili.
Il mare è amaro: ti dà molto, ma ti toglie anche molto.
Il rapporto di odio-amore non coinvolge però i mitili, la cui raccolta si fa sulla riva.
Quindi i mitili fanno parte di una storia di sussistenza: pane e mitili è la forma più vicina a un’ipotesi
di cibo facilmente reperibile fin dai tempi remoti.
Massimo [della Cooperativa Miticoltori Spezzini] a Slow Fish 2013 |
E qui occorre fare una annotazione sul luogo di raccolta.
Il mitile è dotato di branchie, che non solo assolvono a una funzione respiratoria,
ma agiscono anche come filtri.
Se il mitile cresce in acque batteriologicamente non pure,
può diventare un ricettacolo di elementi nocivi.
Ecco la funzione degli stabulatori, nati con la funzione di far uscire le impurità.
Finché il mare è stato non frequentato dai mezzi di trasporto veloci (inquinanti)
i mitili erano un dono della natura per l’uomo.
Con l’avanzare del progresso i mari hanno tutti subito un’alterazione del loro habitat.
Quindi occorre sicurezza del luogo di raccolta e non basta l’acidificazione con il limone
a fermare l’azione della carica batterica che si raccoglie all'interno di un mitile.
Muscoli alla Marinara |
La cautela impedisce oggi di mangiare i mitili crudi, ma sono in molti ad avere nel DNA
il ricordo di quel dolce e salato impatto delle nostre papille con il morbido corpo carnoso
che vive nella conchiglia nero-bluastra. I muscoli del nostro Golfo sono sicuri, ma vanno cotti:
lo stabulatore di Santa Teresa garantisce una perfetta igienicità dei frutti coltivati nei vivai.
E il mestiere del mitilicoltore-muscolaio è stato poeticamente tradotto con contadino del mare.
Vedi anche:
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