Una lezione stile "Afrodita"
Per dirla con le parole del Gambero Rosso:
ho partecipato a
una performance del teatro della cucina dolce
con Luca Palmero Scatena.
Ma c’è
molto di più nella mia ultima lezione con Luca.
Ho toccato con mano e occhio
quanta passione, quanta sapienza e quanto impegno
ci siano in due dolci
chiusure che spesso ingurgitiamo un po’ distrattamente
a papille già turgide
dei sapori precedenti.
Senza leggerle nel loro valore autentico di
“manipolazione”.
Oltreché nella individuazione degli elementi compositivi.
In
questa lezione, tutta centrata su due raffinate dolcezze, le mie papille erano
pulite
e come accade in una degustazione AIS, disposte a “sentire”.
Il verbo
sentire racchiude tante sfumature delle percezioni sensoriali
sottese al
momento in cui arrivano al cervello tutti i
segnali di gradevolezza.
Ho capito in questa ultima lezione che in una preparazione
dolce
subentrano leggi inalienabili di chimica e di fisica.
O le conosci e ti
adegui. Oppure fallisci.
Ma c’è anche un’altra dote che se non ce l’hai, non
puoi impararla sui libri:
non è una competenza, è una dote innata che sul campo
diventa un blend di
pazienza-gioia del fare-calma interiore.
Ora capisco
perché il buccellato di mia nonna Filò
era insuperabile.
Lei aveva questa dote che anche Luca ha: si è mosso con gesti
precisi,
predisponendo le tarature con un atteggiamento quasi maniacale.
I
prodotti devono essere tutti di prima qualità, è stato il suo primo messaggio.
In alcuni casi, come accade per le fave di cacao, è andato ad acquistarle,
Annusiamo i
piccoli semi marroncini e il cervello percorre spazi di cielo e di mare.
E ciò
accade anche per la noce moscata: aromi fra zucchero, sentori di frutto maturo,
profumi speziati.
Non è la noce moscata che conosco e amo.
La prima dolce golosità che Luca prepara si
chiama “Ricordo di un Alexander”.
Un nome fortuito, che si richiama a uno dei
tanti episodi che Luca vive al "A pie de mà " di Riomaggiore.
Ma dopo i puntini (di
rigore) ecco di cosa si tratta:
pera cotta nel vino rosso, crema di mascarpone
profumata alla noce moscata
( Luca se li è procurati alla fonte. Le ha scoperte
in uno dei suoi viaggi ai Caraibi, a Grenada)
con briciole di biscottini speziati secchi.
Ogni momento della preparazione scivola davanti ai miei occhi. Vorrei averne
dieci di più. Sono tesa a captare anche le minime sfumature.
La grossa padella
dove le pere cuoceranno in vino ha il fondo coperto di zucchero semolato.
Le
pere iniziano a sobbollire nel vino rosso.
Nasce la crema di mascarpone con la
formula 5+5+5:
5 tuorli, 5 cucchiai di
zucchero, 5 etti di mascarpone.
Un
pezzetto di paradiso è assicurato.
Poi iniziano i giochi per ottenere il croccante all’arancio.
Sembra di tornare bambini. Si mescola il burro fuso con lo zucchero.
Si
aggiunge la farina e il succo d’arancio filtrato.
Luca pesa tutto con la
precisione di un orefice.
Si stende su un foglio di carta da forno disposto già
in teglia e si pone in forno a 180.
Nasce e così la sfoglia croccante che Luca
foggia sopra la parte tonda
di una
coppetta di vetro (rovesciata) per creare un cestino.
Ho pensato a un’opera dei
maestri vetrai di Murano. Le sfumature in giallo oro, le trasparenze.
Un
incanto (mangiabile). Servirà per appoggiare un dolcino di cacao dal cuore
morbido
(molto erotico, da mugolìo) disposto su una base rettangolare bianca.
Accanto un tralcio con fiori ottenuti sifonando una composizione
(Luca l’ha
definita “soffice”) di panna liquida e zucchero a velo al profumo di cacao.
Fiori spumosi e leggeri su un tralcio formato da una traccia delineata con le
fave di cacao.
Non so se la frase “il cielo sotto di me” sia giusta, ma è
quello che ho provato.
So che è stata una lezione di cucina dolce che non mi ha
fatto sentire (uscendo)
il freddo intenso (-2) della notte.
Ero così felice che
ho sognato prati verdi di una improbabile Provenza che non vedrò mai.
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