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23 novembre 2012

La mia seconda lezione con Luca



La mia seconda lezione con Luca
 di Gabriella Molli

Potete immaginare cosa si prova quando una lezione di cucina diventa
 qualcosa tipo “a scuola di foie gras” per chi il foie gras non lo ama proprio.
 Eh, sì. La seconda lezione su “antipasti e aperitivi” mi ha riservato una sorpresa. 
Nella ricetta  “Crostini di fegatini alla toscana, come uno stecco ducale” leggo:
 75 gr di fegato d’anatra o d’oca (foie gras).
 E nella seconda (Scaloppe di foie gras arrosto e gamberi saltati al profumo di tartufo):
 un fegato d’oca o di anatra intero. Mi impongo un atteggiamento di imperturbabilità. 
poiché voglio seguire tutte movenze dello chef Luca Palmero Scatena, 
comincio ad annotare i vari passaggi. 


Io adoro i fegatini, legati a un piatto che nella mia infanzia aullese.
 Si faceva quando i nonni (che allevavano polli e galline) ne avevano un bel mucchietto. 
Impazzivo di gioia già quando si diffondeva il profumo dei fegatini trufolati da mia nonna
 con aglio nella padella di ferro, innaffiati dello “strizzone” del nonno. 
Vino acetoso, eppure quasi dolce, contenuto in un fiasco a cui il nonno aveva costruito attorno
 una veste di vimini (vidge, ad Aulla con una g dolce e scivolata che solo lì sanno pronunciare).
Ebbene quando lo chef Luca comincia il suo rito di mago trasformatore facendo sfrigolare
 in un burro di alta qualità i miei amati fegatini di pollo, mi sento a casa. 
Ma poi quando fa sfrigolare nella stessa padella delle scaloppe di fois gras, 
ahimè, mi sento un po’ in crisi; poi fegatini e parte delle scaloppe di foie gras finiscono nel mixer
 e nasce una crema, che viene magicamente combinata con pezzetti di burro freddo. 
Volete assaggiare? Dico sì, meccanicamente e, miracolo, mi piace, mi piace davvero. 


Poi Luca ha tagliato pane raffermo in fette da oliare e tostare con aghetti di rosmarino in forno a 180°.
 E’ nato un pralinato al profumo di aglio (di grana grossa) 
da accostare sul piatto alle restanti scaloppe di foie gras. 
Poi con la crema fa una caramella trasparente e la serve come uno stecco ducale.
 Evviva. Nessuno crede alla mia storia di rifiuto del foie gras. 
Perché continuo a dire: buono, molto buono.


Ma il teatro di Luca non finisce qui: la storia del foie gras unito ai  gamberoni
 - fasciato di olio profumato di tartufo - della seconda ricetta affascina tutti. 
E la terza ricetta (nighiri all’italiana di branzino affumicato al tè) 
dove primeggiano le amatissime erbe, quelle che tutti a Spezia chiamano odori, 
ovvero maggiorana. menta, finocchietto, prezzemolo, è un incredibile  capolavoro gastronomico,
 servito su un taglierino di legno dove i paccheri hanno un ruolo importante. 


Il nighiri è termine attinto dalle tecniche relative al sashimi. 
Lo chef Luca a questo punto fa una piccola lectio sulla tecnica della marinatura.
 Eccellente a livello gastronomico (e raffinata a livello estetico) la nota dei ramages 
di una densa salsina di lamponi. E il tè? Entra nella nota di affumicatura del filetto di branzino. 
Siamo nei meandri di una gastronomia ai limiti dell’arte cucinaria....






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