La mia seconda lezione con Luca
Potete immaginare cosa si prova quando una lezione di cucina
diventa
qualcosa tipo “a scuola di foie gras” per chi il foie gras non lo ama
proprio.
Eh, sì. La seconda lezione su “antipasti e aperitivi” mi ha riservato
una sorpresa.
Nella ricetta “Crostini di
fegatini alla toscana, come uno stecco ducale” leggo:
75 gr di fegato d’anatra
o d’oca (foie gras).
E nella seconda (Scaloppe di foie gras arrosto e gamberi
saltati al profumo di tartufo):
un fegato d’oca o di anatra intero. Mi impongo
un atteggiamento di imperturbabilità.
E poiché voglio seguire tutte movenze
dello chef Luca Palmero Scatena,
comincio ad annotare i vari passaggi.
Io adoro
i fegatini, legati a un piatto che nella mia infanzia aullese.
Si faceva quando
i nonni (che allevavano polli e galline) ne avevano un bel mucchietto.
Impazzivo di gioia già quando si diffondeva il profumo dei fegatini trufolati
da mia nonna
con aglio nella padella di ferro, innaffiati dello “strizzone” del
nonno.
Vino acetoso, eppure quasi dolce, contenuto in un fiasco a cui il nonno
aveva costruito attorno
una veste di vimini (vidge, ad Aulla con una g dolce e
scivolata che solo lì sanno pronunciare).
Ebbene quando lo chef Luca comincia
il suo rito di mago trasformatore facendo sfrigolare
in un burro di alta
qualità i miei amati fegatini di pollo, mi sento a casa.
Ma poi quando fa
sfrigolare nella stessa padella delle scaloppe di fois gras,
ahimè, mi sento un
po’ in crisi; poi fegatini e parte delle scaloppe di foie gras finiscono nel
mixer
e nasce una crema, che viene magicamente combinata con pezzetti di burro
freddo.
Volete assaggiare? Dico sì, meccanicamente e, miracolo, mi piace, mi
piace davvero.
Poi Luca ha tagliato pane raffermo in fette da oliare e tostare
con aghetti di rosmarino in forno a 180°.
E’ nato un pralinato al profumo di
aglio (di grana grossa)
da accostare sul piatto alle restanti scaloppe di foie
gras.
Poi con la crema fa una caramella trasparente e la serve come uno stecco
ducale.
Evviva. Nessuno crede alla mia storia di rifiuto del foie gras.
Perché
continuo a dire: buono, molto buono.
Ma il teatro di Luca non finisce qui: la storia del foie
gras unito ai gamberoni
- fasciato di
olio profumato di tartufo - della seconda ricetta affascina tutti.
E la terza
ricetta (nighiri all’italiana di branzino affumicato al tè)
dove primeggiano le
amatissime erbe, quelle che tutti a Spezia chiamano odori,
ovvero maggiorana.
menta, finocchietto, prezzemolo, è un incredibile capolavoro gastronomico,
servito su un
taglierino di legno dove i paccheri hanno un ruolo importante.
Il nighiri è
termine attinto dalle tecniche relative al sashimi.
Lo chef Luca a questo punto
fa una piccola lectio sulla tecnica della marinatura.
Eccellente a livello
gastronomico (e raffinata a livello estetico) la nota dei ramages
di una densa
salsina di lamponi. E il tè? Entra nella nota di affumicatura del filetto di
branzino.
Siamo nei meandri di una gastronomia ai limiti dell’arte cucinaria....
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