Indicatori di cucine nel Mediterraneo.
Mes-ciua e Harira
quanto hanno di comune?
Una piazza storica post-Arsenale (piazza Brin) è stata
scelta da
Slow Food Golfo dei Poeti - Cinque Terre-Val di Vara- Riviera Spezzina
per una riflessione conviviale sul fronte comune di due indicatori
gastronomici,
che apparentemente nati in
ambienti molto lontani del mare nostrum,
si ritrovano poi nelle preparazione
quasi affini:
mes-ciua e harira.
L’ambientazione è quella del "Comera", alloggiato alla base
dell’imponente palazzo umbertino
con cui la piazza si chiude verso mare.
con cui la piazza si chiude verso mare.
Le
grandi pentole di alluminio (molto usate) offrono già un’atmosfera da cena in
famiglia.
La mes-ciua si presenta nella formula di zuppa che ci ha
consegnato la pratica
di cucina spezzina degli ultimi vent'anni:
ceci, cannellini, grano.
di cucina spezzina degli ultimi vent'anni:
ceci, cannellini, grano.
Ma non esisteva una formula gastronomica unica: andando
verso Sarzana cambiano gli ingredienti, subentrano i fagioli borlotti e la
cicerchia (tanto cara agli Etruschi).
La harira ha un aspetto più concentrato,
secondo un uso marocchino,
come vuole la tradizione di casa della giovane donna
mediterranea che l’ha fatta,
vede la presenza dei fidellini e delle lenticchie.
Gabriella Tartarini |
Un gioco proposto da Gabriella Tartarini, membro della condotta,
è centrato sulla scelta fra le due “zuppe” e come è d’obbligo per le cene culturali di Slow Food,
si va dentro il piatto, dentro la sua storia, dentro le coordinate sociali che ne formano l’impronta.
è centrato sulla scelta fra le due “zuppe” e come è d’obbligo per le cene culturali di Slow Food,
si va dentro il piatto, dentro la sua storia, dentro le coordinate sociali che ne formano l’impronta.
Si va, insomma, alla ricerca delle orme
biologiche di ognuno dei due piatti.
Nasce subito l’esigenza di collocare
l’harira come precedente esperienza gastronomica,
rispetto alla mes-ciua; la
stessa analisi della storia dei semi e dei legumi
ci informa che c’è un passaggio dei prodotti
arrivati fino a noi dalla fertile Mezzaluna, di almeno duemila anni.
ci informa che c’è un passaggio dei prodotti
arrivati fino a noi dalla fertile Mezzaluna, di almeno duemila anni.
Gli stessi Romani che si sono serviti del grande granaio
africano,
devono le loro puls a esplorazioni di culture gastronomiche già
affermate.
Ancora gli stessi Romani si sono rivolti a cuochi greci per
risolvere
i loro problemi di cucina evoluta,
i loro problemi di cucina evoluta,
arrivata a noi nel 1300 con i
testi scritti di Apicio.
Nonostante la diversità di composizione i due piatti
parlano lo stesso linguaggio:
i fondamenti alimentari tendono a forte
similitudine di accostamenti.
I semi (escludendo i cannellini che sono
post-colombiani) fanno parte di un retaggio
che ha un forte valore simbolico:
la ricerca del benessere prima di tutto
e poi quelle note di propiziazione
alla madre-terra che di solito fa parte
di rituali di cucina della donna ai primordi della vita.
di rituali di cucina della donna ai primordi della vita.
Lo stesso procedimento dell’acqua calda in cui i semi
vengono cotti, risale a esperienze di
“caso e necessità”, come direbbe Maurizio
Sentieri.
L’evoluzione dei piatti parte sempre da una metodica
femminile.
Alla donna raccoglitrice era chiesto quel compito di nutrire a cui
non ha abdicato fino al momento in cui l’uomo è entrato in cucina, relegandola
a un ruolo minore e accessorio.
E poiché, per dirlo con Montanari, “il cibo è
cultura”,
ecco apparire nei due piatti, una forte impronta sociologica.
-L’harira è piatto che non manca mai durante il Ramadan e
che profuma le strade in attesa della fine del digiuno giornaliero (Vincenzo
Capretti). Felice combinazione di semi (le lenticchie e i ceci in particolare)
viene preparata in varie versioni (ogni testa di donna concepisce la sua, più o
meno ricca di sapori, a cui non manca mai quello della cannella). E sulla
cannella occorre ricordare che “spezia divina”, richiamava la potenza dello Yang
(il maschile, il cielo, l’asciutto, l’attività) e serviva per allontanare
(il maschile, il cielo, l’asciutto, l’attività) e serviva per allontanare
i
fantasmi delle malattie, dei demoni.
-La mes-ciua, che molti vogliono nata nel porto,
raccogliendo le granaglie sfuggite ai sacchi, è
verosimilmente più un piatto di
fine primavera: prima del nuovo raccolto le scorte dovevano essere usate per
evitare la crescita e l’invasione degli “intrusi” (Giorgio Taborelli). Sullo stesso nome
mes-ciua che molti vogliono derivato da “mescolanza di semi”, c’è una versione
allineata su una matrice mediterranea. Esistono anche in Tunisia le “mishiua”,
mescolanze di carne o di verdure. Tutto questo fa parte di una storia comune,
molto ben analizzata da Adelchi Scarrano.
Insomma esiste una grammatica della
cucina mediterranea che accomuna mes-ciua e harira.
Siamo più “fratelli” di
quanto pensiamo e la cena interetnica dello Slow Food in piazza Brin
ha assegnato un “ indice di bontà” alla harira
(che ha vinto con 39 preferenze rispetto alle 22 per la mes-ciua ).
ha assegnato un “ indice di bontà” alla harira
(che ha vinto con 39 preferenze rispetto alle 22 per la mes-ciua ).